Imparando Arte

Storia dell'architettura



Victor Hugo: Notre Dame De Paris  - 1831

L'architettura incominciò come qualsiasi scrittura e fu dapprima alfabeto.
Si piantava verticalmente una pietra ed era una lettera in geroglifico e su ogni geroglifico riposava un gruppo di idee , come il capitello sulla colonna.
Così fecero dovuque le prime stirpi nel corso della stessa età sulla superficie del mondo intero. La pietra alzata dai Celti (Menihr) si trova nella Siberia Asiatica come nelle pampas americane. Più tardi si costruirono delle parole,  si sovrappose pietra a pietra, si accoppiarono quelle sillabe di granito, il verbo tentò qualche costruzione.
Il Dolman e il Cromlech celtici, il tumulo etrusco, il Galgal ebraico sono parole talvolta; quando si disponeva di molta pietra e di una vasta plaga, si scriveva una frase. L'immenso amasso di Karmac rappresenta già una formula intera.  In tal modo durante i primi 6000 anni,  dalla primordiale Pagoda dell'Indostan fino alla cattedrale di Colonia, l'architettura è stata la grande scrittura del genere umano.

1°: Menhir
2°:Dolmen
3°:Cromlech
4°:Karmac
5°:Pagoda, Indostan
6°:Cattedrale di Colonia.

L'architettura Greca

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La struttura architettonica che riassume meglio lo spirito razionale greco è senza dubbio il tempio.
I tempi greci sono caratterizzati da proporzioni così armoniosi e forme talmente semplici ed equilibrate da apparire completamente razionali e " umani", seguendo la concezione paritetica.





Tra le tipologie di tempio riportate da Vitruvio nel De architectura le più note sono sette:
- in antis
- doppiamente in antis
- prostilo
- anfiprostilo
- periptero
- diptero
- monoptero.

Le tipologie del tempio

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  • tempio in antis: sulla facciata sono presenti due colonne tra due ali di muro (ànte) che prolungano in avanti le pareti laterali della cella;
  • amphi-templum "in antia" (o doppiamente in antis; o in doppio antis): è un templum in antis con l'opistodomo(opisthodomos) nella parte diametralmente opposta rispetto al pronao (pronaos);
  • tempio prostilo: la fronte della cella presenta un colonnato antistante (prostòon);
  • tempio anfiprostilo: sia la fronte che il retro della cella presentano il colonnato;
  • tempio diptero: il porticato quadrangolare (peristasi) presenta, anche sui lati lunghi, una doppia fila di colonne;                                   
  • tempio pseudodiptero: la peristasi presenta una sola fila di colonne, ma posta ad una distanza doppia rispetto ai muri della cella, ossia quando il tempio è circondato da un colonnato dell'ampiezza di due intercolumni;
  • tempio periptero: il colonnato (ptèron) circonda tutti e quattro i lati della cella (naos) creando un porticato quadrangolare (peristasi);
  • tempio pseudoperiptero che ha una notevole diffusione in età ellenistica e quindi romana, caratterizzato da colonne della peristasi addossate come semicolonne o lesene ai muri esterni della cella che poteva in tal modo essere realizzata con una maggiore ampiezza; quest'ultima tipologia viene citata da Vitruvio (De architectura, 4,8,6) tra quelle ritenute anomale. Vitruvio invece non menziona la tipologia del tutto priva di colonnato esterno (oikos), che ai suoi tempi era ormai scomparsa;
  • tempio monoptero: quando il tempietto ha una forma circolare ed è privo di cella;
  • tempio a tholos: quando il tempietto circolare è provvisto di cella

                   Stile dorico

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 Sulla piattaforma poggia una piattaforma (crepidoma) formata dai gradini di accesso al tempio, inizialmente in numero di tre e che aumenteranno con il tempo. L'ultimo gradino è detto stilobate, in quanto vi poggia direttamente la colonna (stilo), priva di base. Tale assenza rappresenta una delle caratteristiche originarie del dorico. Il fusto della colonna, rastremato verso l'alto, presenta delle scanalature (16 0 20) poco profonde unite a spigolo vivo, che esprimono una spinta ascendente e accentuano l'effetto chiaroscuro, ed è caratterizzato da un rigonfiamento a un terzo dell'altezza detto entasi, che serve a correggere l'illusione ottica del restringimento generata in una fila di colonne perfettamente tronco-coniche. La colonna (prima monolitica ed in seguito a rocchi) ha un'altezza da 4,5 a 6 volte il diametro della sua base.

Il capitello dorico è formato dall'echino, una specie di "cuscinetto rigonfio" che tende alla forma trococonica, su cui poggia l'abaco, che ha la forma di un prisma a base quadrata.

Sopra il capitello si trova la trabeazione. Dal basso verso l'alto, in questo ordine essa è composta da un architrave liscio formato da blocchi che si accostano tra di loro al centro della colonna secondo lo schema trilitico, sopra cui poggia il fregio, suddiviso alternativamente in metope (spazi rettangolari che potevano essere lisci, scolpiti o dipinti) e triglifi(rettangoli solcati verticalmente da due scanalature). Tra l'architrave e il fregio vi è un listello continuo detto tenia, su cui sono applicati degli elementi rettangolari, le regulae, posti in corrispondenza dei triglifi e decorati a gocce (guttae). Il fregio dorico inizia sempre con un triglifo.

Al di sopra del fregio è presente la cornice che contiene il timpano, uno spazio triangolare che andrà ad accogliere le decorazioni frontonali. La cornice è formata da un geison orizzontale poggiante sulla trabeazione e da uno inclinato poggiante sul frontone, su cui appoggia una sima. Tra il fregio e la cornice vi è una decorazione continua a gocce, leggermente inclinata per far sgocciolare meglio l'acqua, che qui però cambia il nome da regulae a mutuli.

La copertura dell'edificio è solitamente in tegole di laterizio, convesse e piane e solo talvolta in marmo. Il tetto è fornito di grondaia decorata sui lati lunghi con antefisse che hanno il doppio compito di scarico delle acque piovane e di evitare che l'acqua filtri sotto il tetto. Le estremità del tetto e la sommità dove iniziano i due spioventi, sono decorati con imponenti acroteri.



                    Stile ionico

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 A differenza dell'ordine dorico, le colonne ioniche non poggiano direttamente sul gradino, ma su di una base formata da due elementi (Asia Minore), uno chiamato toro di forma convessa, sul quale stava la scotia di forma concava. In Grecia abbiamo invece due tori con in mezzo la scotia. In età romana a quest'ultima "base attica" greca, si aggiungerà la "base composita", con il raddoppio della scotia intermedia. Al di sopra della base si ergeva il fusto, di proporzioni più snelle rispetto a quello dell'ordine dorico e privo di rastremazione. Le scanalature potevano variare da un numero di 16 fino a 20 ed erano separate da listelli, invece che incontrarsi a spigolo acuto come nel fusto dorico, mentre l'altezza poteva arrivare anche a 10 volte il diametro della base.

Sulla colonna poggiava il capitello ionico, decorato con volute. Il centro della voluta è detto occhio e può essere decorato. Su di esso l'abaco molto appiattito.

Sopra il capitello poggia la trabeazione, costituita da un architrave, formato da tre fasce aggettanti l'una su l'altra e con un coronamento decorato damodanature, dal fregio, una fascia continua, spesso decorato con rilievi figurati o vegetali e da una cornice (geison) con dentelli, sormontata da una sima(gronda con gocciolatoi per lo scolo dell'acqua piovana dal tetto. Nei templi la cornice sale obliquamente a formare il timpano, che ospita il frontone).

Capitello ionico angolare dell'EretteoIl problema di questo ordine si pone nel capitello angolare, dato che il capitello ionico presenta le facce diverse: le due facce principali presentano le volute, mentre sui lati queste sono raccordate da un pulvino. Nel tempio dell'Eretteo le facce principali vennero realizzate su due lati contigui, costringendo la voluta sullo spigolo ad un anomalo andamento obliquo e ampiamente scanalatore.


                 Stile corinzio

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L’elemento a tronco di cono (kalathos) è rivestito di due ordini di otto foglie di acanto. Dietro queste nascono degli steli che terminano in spirale: le "volute" arrivano a sorreggere gli spigoli dell’abaco sovrapposto al kalathos, mentre le "elici" terminano al centro di ogni lato. L’abaco presenta i lati concavi. Nell'evoluzione della struttura decorativa di epoca romana gli steli di elici e volute nasceranno insieme ad un calice di foglie d'acanto da uno stelo unico ("caulicolo").

Nella variante italica, diffusa in età repubblicana romana, come negli esemplari greci più antichi, volute ed elici nascono direttamente dietro le foglie d'acanto delle due corone. In ambiente microasiatico ed orientale si evolve in epoca imperiale romana un tipo di capitelli, detti "asiatici" che avranno ampia diffusione con produzioni standardizzate lavorate direttamente nelle cave di marmo, caratterizzato da foglie d’acanto con fogliette più aguzze.

Il fusto della colonna corinzia ha proporzioni simili a quello dell'ordine ionico, con scanalature piatte separate da listelli. Il fusto è poggiato su una base.

Come nell'ordine ionico, l'architrave si presenta diviso in due o tre fasce e con un coronamento, il fregio è continuo, liscio o decorato (tra le decorazioni vegetali più frequenti in epoca romana le girali d'acanto). Dalla originaria cornice ionica, decorata con dentelli, si evolve in epoca romana la cornice con mensole (o modiglioni).



Tecniche costruttive dell'arco romano ed esempi in muratura

STORIA ROMANA


Tecniche costruttive dell'arco romano ed esempi in muratura

Tecniche costruttive di epoca romana

Esempi di muratura


opus incertum

opus quadratum

opus spicatum

opus latericium

opus reticulatum (dall'alto)

opus reticulatum (di fronte)
Costruzione di un arco.
Dopo aver costruito i pilastri, viene predisposta all'interno dell'arco un'impalcatura in legno (cèntina), sulla quale, a partire dalla basi, si affiancano i blocchi di pietra (conci), fino a raggiungere il punto più alto: la chiave di volta.

La volta a botte è costituita da un mezzo cilindro.
Due volte a botte dello stesso diametro, che si intersecano perpendicolarmente e allo stesso livello, determinano la volta a crociera.

Costruzione di una volta a botte.
Su una cèntina, costituita da un mezzo cilindro di legno, sono disposte a raggiera e cementate varie file di mattoni.
Quando il cemento è indurito, si toglie l'armatura di legno che è servita per la costruzione.


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 28/10/2010

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Scheda fotografica: Galla Placidia

  

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La pianta del piccolo edificio è a croce latina, poiché il braccio longitudinale dell'ingresso è leggermente più lungo degli altri; guardando però nel complesso il mausoleo si ha la sensazione di centralità, come se fosse a croce greca e lo spazio è dominato dalla cupola posta all'incrocio dei bracci[4]

Esternamente l'edificio ha un paramento in semplice laterizio con la cupola nascosta da un tamburo a base quadrata, che si sopraeleva sulla copertura a tetto a due spioventi dei quattro bracci. L'unica decorazione concessa all'esterno è costituita dalle arcate cieche apparentemente prive dello zoccolo di base (l'edificio è interrato per circa un metro e mezzo), che movimentano le pareti. Anche qui come in altri monumenti ravennati, la subsidenza ha abbassato di molto la struttura originaria, che oggi appare con il soffitto dei bracci a meno di due metri dal suolo.



     

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L'interno è decorato da un ciclo di mosaici, fra i più antichi della città, che, anche grazie ai costanti restauri operati nei secoli scorsi, oggi si presentano estremamente ben conservati. Poiché Galla Placidia soggiornava frequentemente a Costantinopoli, si potrebbe ritenere che l'artista incaricato di questi mosaici fosse bizantino. Forse è più corretto pensare ad una partecipazione di maestranze di diversa provenienza, perché la volumetria realistica delle figure di san Lorenzo (lunetta di fondo) e del Buon Pastore (sopra l'ingresso del sacello) rimanda più a un ambito romano-occidentale che alle figure ieratiche e ai volumi privi di consistenza dello stile bizantino-orientale. Alla fine dei bracci si trovano tre sarcofagi in marmo, di epoca romana quello del braccio centrale, del IV e V secolo i due posti nei bracci laterali.

La cupola centrale domina lo spazio interno, affiancata sui lati da quattro lunette; altre tre lunette si trovano alle estremità dei bracci, mentre le volte a botte dei bracci sono coperte da un tappeto stilizzato di fiori a sfondo azzurro. La rappresentazione escatologico-apocalittica del sepolcro cristiano non è in asse con l'ingresso dell'oratorio che è nella direttrice nord-sud, ma è in asse con l'orientazione cristiana , in quanto la croce ha la testa verso occidente e il piede verso oriente; la croce quindi va da oriente ad occidente come Cristo sole di giustizia e di redenzione

    

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La cupola è dominata dalla Croce in una volta di stelle di grandezza decrescente verso l'alto, su sfondo blu, secondo un modello che sopravviverà per tutto il Medioevo. La rappresentazione del cielo notturno continua senza soluzione di continuità verso i quattro pennacchi dove vengono rappresentati i simboli degli evangelisti (tetramorfo). Le lunette della cupola presentano coppie di santi e di apostoli, con le braccia alzate in adorazione verso il centro ideale dell'edificio, la Croce. Al centro si aprono le finestre, coperte con lastre translucide di alabastro; anche la luce rivestiva un ruolo simbolico di rappresentazione di Dio

    

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La cupola è dominata dalla Croce in una volta di stelle di grandezza decrescente verso l'alto, su sfondo blu, secondo un modello che sopravviverà per tutto il Medioevo. La rappresentazione del cielo notturno continua senza soluzione di continuità verso i quattro pennacchi dove vengono rappresentati i simboli degli evangelisti (tetramorfo). Le lunette della cupola presentano coppie di santi e di apostoli, con le braccia alzate in adorazione verso il centro ideale dell'edificio, la Croce. Al centro si aprono le finestre, coperte con lastre translucide di alabastro; anche la luce rivestiva un ruolo simbolico di rappresentazione di Dio.

Sant' Apollinare Nuovo

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La basilica di Sant'Apollinare Nuovo è una basilica di Ravenna. Nata come luogo di culto ariano, nel VI secolo fu consacrata a San Martino di Tours. Dal IX secolola basilica porta il nome attuale. L'appellativo di "Nuovo" le è stato dato per distinguerla da un'altra chiesa cittadina più antica, chiamata Sant'Apollinare in Veclo. La basilica conserva il più grande ciclo musivo finora conosciuto e rientra nella lista dei monumenti dichiarati dall'Unesco «Patrimonio dell'Umanità».

   

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Si tratta di un edificio a tre navate, privo di quadriportico e preceduto dal solo nartece, che, in area ravennate, viene più propriamente chiamato àrdica (dall'adattamento bizantino nàrtheka del termine greco classico nàrthexnartece).

Esternamente si presenta con una facciata a capanna, realizzata in laterizio. Nella parte superiore si trova, esattamente al centro, una grande e larga bifora in marmo, sormontata da altre due piccolissime aperture, l'una a fianco dell'altra. Il nartece presenta un tetto spiovente, che dalla facciata scende verso le colonne portanti. Queste sono in marmo bianco e creano un notevole contrasto con la scurezza dell'edificio vero e proprio. Nella parte anteriore sinistra rispetto alla Basilica, si innalza verso il cielo un campanile dalla pianta circolare, anch'esso in mattoni.

La navata centrale, larga il doppio di quelle laterali, termina con un'abside semicircolare, ed è delimitata da dodici coppie di colonne poste una di fronte all'altra che sorreggono archi a tutto sesto


I mosaici

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Le pareti della navata centrale sono divise in tre fasce ben distinte dalle decorazioni musive.

La fascia più alta è decorata da una serie di riquadri intervallati dal motivo allegorico di un padiglione con due colombe. I riquadri presentano scene della vita di Cristo e sono particolarmente curati nei dettagli, anche se in antico si trovavano ancora più in alto (per via della subsidenza) e quindi la loro lettura era tutto sommato ardua. Alcune scene permettono di evidenziare alcune evoluzioni dell'arte del mosaico nell'epoca di Teodorico. La scena del Cristo che divide le pecore dai capretti ricorda quella del Buon Pastore del Mausoleo di Galla Placidia, ma le differenze sono notevoli (è passato poco meno di un secolo): le figure non sono più disposte in uno spazio in profondità, ma appaiono schiacciate l'una sull'altra, con molte semplificazioni (alcuni animali non hanno nemmeno le zampe). La rigida frontalità e la perdita del senso del volume nel Cristo e negli angeli imprime un innegabile senso ieratico. Nella scena dell'Ultima cena Cristo e gli apostoli sono raffigurati similmente alle raffigurazioni romane paleocristiane, e le proporzioni gerarchiche (Cristo più grande delle altre figure) rientrano nel filone dell'arte tardoantica "provinciale" e "plebea".

La fascia mediana ha riquadri tra le finestre che incorniciano solide figure di Santi e Profeti dalle vesti ombreggiate e morbidamente panneggiate. Essi, nonostante l'indefinito fondo oro, si dispongono su un piano prospettico.

La fascia inferiore, la più grande, è anche quella maggiormente manomessa. Sulla parete di destra (guardando verso l'altare), è raffigurato il famoso Palazzo di Teodorico, riconoscibile dalla scritta latina PALATIUM (Palazzo) nella parte bassa del timpano. Gli edifici interni rappresentati sono mostrati in prospettiva ribaltata. Ciò significa che quello che si vede corrisponde a tre lati del peristilio, schiacciati su un unico piano. Tra una colonna e l'altra sono tesi dei drappeggi bianchi e decorati in oro, che coprono le ombre di antiche figure umane rimaste dopo che una parte del mosaico fu condannata alla distruzione: per una sorta di damnatio memoriae tutte le figure umane (quasi certamente Teodorico stesso e membri della sua corte) vennero cancellate e si notano ancora le ampie parti di colore leggermente diverso (a riprova di una ricostruzione avvenuta in un momento diverso) e le incontrovertibili tracce sulle colonne bianche, dove spuntano qua e là delle mani


Santa Sofia, Istanbul

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Hagia Sophia (in greco: Aγία Σοφία; in turcoAyasofya; italianizzato in basilica di Santa Sofia o basilica della Santa Sapienza) è una basilica, nonché principale monumento di Istanbul; fu una sede patriarcale, poi una moschea ed è ora un museo. Nota per la sua gigantesca cupola, apice dell'architettura bizantina, fu terminata nel 537

    

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Le sue gigantesche proporzioni ne fanno uno dei monumenti chiave dell'architettura di tutti i tempi. La basilica ha una pianta che fonde armoniosamente il rettangolo entro il quadrato (71x77 m), con tre navate, arcate divisorie in doppio ordine, ed un'unica abside opposta all'ingresso, che all'esterno si presenta poligonale. La pianta ha probabilmente ricalcato quella della basilica costantiniana. L'ingresso è preceduto da un doppio nartece. Gli interni sono arricchiti con mosaici, marmi pregiati e stucchi: colonne in costoso porfido o marmo verde della Tessaglia sono impreziosite da capitelli finemente scolpiti. Nel corso degli anni sono stati aggiunti alcuni mausolei laterali. All'interno, alcuni corridoi laterali riccamente decorati (che hanno ispirato la Basilica di San Marco aVenezia) conducono al grande vano della navata centrale, dominato dalla mastodontica cupola, che poggia su pennacchio ed archi, che scaricano il loro peso su quattro enormi pilastri. Questi pilastri sono costruiti con pietre lavorate, legate tra di loro tramite colate di piombo, mentre le volte, gli archi e le paretisono in laterizi. Nelle zone verso l'abside e verso l'ingresso due semicupole digradano da quella principale e poggiano su esedre a colonne. Nella fascia superiore della grande cupola sono state aperte numerose finestre, ed in seguito parzialmente murate per aumentare la stabilità dell'edificio, che inondano di luce l'interno dell'edificio in qualsiasi ora della giornata. Sulle navate laterali corrono i matronei, destinati alla corte imperiale che vi assisteva alla messa da una posizione rialzata. Al di sopra dei matronei la muratura è perforata da due file sovrapposte di finestre di dimensioni variabili (più ampie al centro, più piccole verso i lati e nella fila inferiore). L'impianto non differiva molto da quello di altre chiese a pianta longitudinale già esistenti, ma per la prima volta lo spazio appare dominato dalla grande cupola, che focalizza verso l'alto tutto l'ambiente architettonico. L'effetto è quello di uno spazio incommensurabile e di leggerezza della copertura, che sembra come sospesa nell'aria.

     

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La decorazione interna, inizialmente aniconica con motivi persiani (in pratica, ci si atteneva già all'Iconoclastia del VII secolo), fu integrata da Giustino II con cicli evangelici e con scene divenute poi canoniche del Dodecaorto, il sistema di 12 feste bizantine. La cupola riporta un Cristo Pantocratore benedicente, a mezzo busto. Per l'anatomia dei visi di Cristo e dei santi sembra siano state utilizzate le descrizioni contenute in un libretto di Ulpius Romano: un esempio, San Gregorio ritratto con la barba fumosa e l'occhio destro menomato da un incidente. L'abside è stato rinforzato all'esterno da alcuni contrafforti posticci. Uno di questi contiene una cappella con mosaici frammentari realizzati col sistema della doppia linea. Quasi tutte le chiese bizantine ed anche le successive moschee ottomane hanno preso a modello la sua grande cupola affiancata da due semicupole. L'apparato decorativo originale è conservato solo in parte, ma continua tuttavia ad essere una profonda testimonianza dell'Arte Bizantina. I capitelli presentano trine, trafori, giochi d'ombra e chiaro-scuro, e compare lo stemma giustinianeo

I vari crolli

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pilastri di sostegno della cupola argentea, tuttavia, non erano sufficientemente robusti per sostenere il peso della cupola di 31 metri di diametro. Già lesionati durante la costruzione, furono ulteriormente indeboliti dai terremoti del 553 e 557.

Malgrado alcuni interventi di consolidamento, parte della cupola crollò una prima volta il 7 maggio 558 in seguito ad un terremoto. La chiesa venne riaperta al culto nel 563, dopo la costruzione di una nuova cupola più leggera e rialzata di circa 6 metri per distribuirne meglio il carico, aumentando le spinte verticali e diminuendo quelle orizzontali verso i muri di sostegno; i lavori furono diretti da Isidoro il Giovane, figlio di uno degli architetti originari. La cupola fu ricostruita in seguito altre due volte, nel X e nel XIV secolodopo altrettanti crolli. La struttura fu inoltre consolidata con la costruzione di quattro alette-contrafforti ai lati, che racchiudono le scale interne.

Durante la Quarta crociata, con la presa di Costantinopoli nel 1203, Hagia Sophia venne saccheggiata e numerose reliquie, fra cui la Sacra Sindone, una pietra della tomba di Cristo, il latte della Vergine Maria e le ossa di numerosi santi vennero trafugate. La chiesa fu convertita in luogo di culto cattolico, fino alla riconquista nel 1261 da parte deiBizantini, che la ritrovarono ormai in rovina e la chiusero in seguito a nuovi crolli, fino a quando non fu nuovamente restaurata dagli architetti Astras e Peralta


San Vitale, Ravenna

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La basilica di San Vitale è una delle chiese più famose di Ravenna, esemplare capolavoro dell'arte paleocristiana e bizantina. Ottagonale (l'otto era simbolo di Resurrezione perché era sette, il tempo, più uno, Dio), con cupola inglobata e nascosta dal tiburio, si presenta all'esterno in laterizio, con la consueta semplicità disadorna. Ogni faccia è collegata con quella attigua mediante contrafforti e, a sua volta, si suddivide in settori per mezzo di paraste e di una sottile cornice dentellata. Dalla forma geometrica del nucleo principale emergono altri corpi altrettanto rigorosamente definiti: il tiburio sopraelevato, ugualmente ottagonale, e l'abside, che, secondo l'uso locale, è poligonale all'esterno, semicircolare all'interno e affiancata da due piccoli ambienti (detti pastoforiapròthesis e diacònicon). Si accede all'interno attraverso due porte: l'una in asse, l'altra, invece, obliqua rispetto all'abside. Di conseguenza anche l'ardica (o nartece o esonartece), invece di essere tangente al lato frontale dell'ottagono, si dispone obliquamente toccando un angolo del perimetro. Viene così a mancare quel rapporto rettilineo fra ingresso e abside, che rende evidente la forma dell'edificio

     

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La pianta è apparentemente semplice: un deambulatorio ottagonale a due piani, che racchiude un ambiente centrale dello stesso disegno, posti fra loro in rapporto aureo. Ma nel passaggio dall'uno all'altro si trovano delle esedre, traforate da un doppio ordine di arcatelle e racchiuse entro grandi archi sostenuti da pilastri angolari, che producono un'espansione radiale pluridirezionale. Su di questi si imposta la cupola, che è di elevazione maggiore a quelle di simili chiese orientali.

L'interno

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Il complesso, già straordinariamente mosso e leggero per il ripetersi degli archi, doveva esserlo in misura maggiore quando non era ancora parzialmente interrato e le colonne poggiavano su alte basi a gradini. Del resto tutto contribuisce ad alleggerire il peso delle masse strutturali: i pulvini che staccano l'arco, quasi sollevandolo e sospingendolo in alto, e soprattutto i capitelli, scolpiti a Bisanzio, i quali, persa la forma classica greco-romana, assumono quella di cesti, traforati come se fossero fragili trine marmoree sulle quali non gravi alcun peso. Oltre ai celeberrimi mosaici, completano la decorazione interna i marmi policromi, gli stucchi e le balaustre del matroneo, traforate finemente. Sui pulvini sono raffigurate figure zoomorfe e la Croce.

Grande protagonista è la luce, che penetrando da diverse angolazioni determina un gioco luministico che appare imprevedibile. Questo effetto doveva moltiplicarsi all'infinito quando la basilica era ricoperta di mosaici.


    

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Il punto focale è situato nell'abside, dove due angeli in volo a mosaico reggono il simbolo della croce, similmente alla calotta dell'abside dove quattro angeli tengono un medaglione con l'Agnello sacrificale sullo sfondo azzurro punteggiato da fiori stilizzati. I mosaici più famosi sono collocati ai lati dell'altare e presentano i due celebri pannelli in posizione speculare dell'Imperatore Giustiniano e di Teodora circondati dalle rispettive corti in tutto lo sfarzo che richiedeva il loro status politico e religioso. Le figure sono ritratte formalmente, secondo una rigida gerarchia di corte, con al centro gli augusti, circondati da dignitari e da guardie. Accanto a Giustiniano è presente il vescovoMassimiano, l'unico segnato da iscrizione, per cui può darsi che fosse anche il sovrintendente dei lavori, dopo essere stato nominato primo arcivescovo di Ravenna.

I corpi sono assolutamente bidimensionali e stereotipati, e solo nei volti regali si nota uno sforzo verso il realismo, nonostante l'idealizzato ruolo semidivino sottolineato dalle aureole. Non esiste prospettiva spaziale, tanto che i vari personaggi sono su un unico piano, hanno gli orli delle vesti piatti e sembrano pestarsi i piedi l'un l'altro


Riepilogo: