Imparando Arte
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PERIODO DI FORMAZIONE

Anfora del "lamento funebre", ca 760-750 a.C., Atene.

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Del Periodo di Formazione non abbiamo testimonianze di arte pittorica; però ci son pervenuti molti oggetti di artigianato in terracotta dipinta. Inoltre,  il Periodo di Formazione assume il nome di “Periodo Geometrico”, in quanto alla base della pittura stavano forme geometriche complesse e articolate, che andavano a formare i soggetti del dipinto.
Tra le più celebri ceramiche rinvenute nel Dypilon, vi è l’anfora detta del “lamento funebre”.

 



   

  

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SCHEMA COMPOSITIVO:L’anfora è caratterizzata da una lunga imboccatura, che sembra essere stata aggiunta dopo. Decorata attraverso 65 fasce più sottili verso il collo e il piede, gli ornamenti in nero sono lucenti e accesi e al centro si nota un  alto catafalco, sul quale giace il cadavere di una donna; intorno alla defunta sono disposti, in modo speculare 14 uomini, intenti a disperarsi; sotto il catafalco sono presenti 4 figure piangenti: questa strana collocazione è dovuta alla mancanza di prospettiva che tende a schiacciare su un unico piano i soggetti. Concludendo con lo schema compositivo, sul collo dell’anfora sono rappresentati in fila dei cervi ,che pascolano.

FUNZIONE:Si ritiene che l’anfora fosse destinata ad individuare la tomba di una ricca signora, funzione dell’odierna lapide.



Kylix: coppa con bocca larga su un alto piede, dotate di due anse.
Lekithos: vaso con corpo cilindroide, piede piccolo, dotata di un' unica ansa verticale.
Oinochoe: Brocca con corpo espanso, piede piccola, bocca trilobata, presenta un'unica ansa verticale.
Hydria: grande vaso con corpo svasato, piede basso , dotato di due anse orizzontali
Skyphos: coppa con corpo a tronco, pareti bombate, presenta due anse oblique.
Cratere:  grande vaso con corpo a bicchiere, bocca larga, dotato di due anse oblique o verticali.

LA PITTURA VASCOLARE

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Del popolo greco, del quale conosciamo più di ogni altra  civiltà,   non ci perviene quasi alcuna testimonianza d’arte pittorica.

Per farci un’idea della pittura greca, occorre fare attenzione  ai manufatti di terracotta dipinta.

La pittura del  VII e VI sec. è  caratterizzata dalla forte abbondanza dei temi figurativi, a differenza del Periodo Geometrico.

Inoltre, si possono distinguere due tecniche fondamentali: a figure nere e rosse.

FIGURE NERE:La pittura a figure nere è realizzata , stendendo vernice nera sul vaso rosso – brunastro; le decorazioni sono ottenute graffendo con uno stilo la vernice nera.

FIGURE ROSSE:La tecnica a figura rosse , invece, consiste nella colorazione dell’intero vaso di nero , lasciando le decorazioni e la figure

in rossastro .



Il  più celebre manufatto è: Achille e Aiace.

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I soggetti vengono rappresentati mentre giocano a dadi; ancora in abbigliamento di guerra,

 si mostrano concentrati, austeri e solenni, per via del profilo.

Exechias ha adoperato una raffinatissima tecnica, per decorare in modo fantasioso gli scudi e per disegnare i volti.

Le lance sono poste in modo tale da proseguire gli attacchi della anse.



PERIODO ELLENISTICO

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Il periodo Ellenistico  fu un periodo di svolta, specialmente per la scoperta della scenografie prospettiche,

 ovvero il metodo grafico, che riesce a dare l’impressione della profondità.

A tale proposito è d’obbligo menzionare la Battaglia di Alessandro.



Battaglia di Alessandro,ca III sec., Napoli

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L’opera risale al III e II sec., e raggruppa la Battaglia di Gaugamela del 331 a. C., allorchè  Alessandro sconfigge Dario.

La tecnica adoperata è l’opus vermiculatum, metodo attraverso il quale vengono sistemate le tessere, in modo tale da

 evidenziare i trapassi di colore, le ombre…

La composizione e lo spazio del mosaico vengono delineati dalla posizione delle lance.

Lo sfondo è neutro , presenta soltanto della armature sul suolo e un tronco.

L’originalità del mosaico sta nella presenza della prospettiva e delle ombre: messa in risalto soprattutto dal cavallo voltato,

che divide la scena.


RESTAURI:
Il mosaico è stato oggetto di molti restauri storici, che mirano a conservare l’autenticità dell’opera, a differenza del

 restauro a tratteggio ed estetico .

Il primo ,infatti consiste nell’esaminare il colore dell’opera e quindi integrare le parti mancanti, colorando le lacune.

Il secondo, invece, mira ad un effetto armonico attraverso integrazione sottotono.



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L'USO DEL COLORE SULLA SCULTURA

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L’utilizzo della policromia nel mondo antico è una delle incognite più gravose per gli studiosi del passato. Fino alle prime rilevanti scoperte archeologiche, era diffusa la credenza che la produzione architettonica e scultorea fosse priva di colore. Il tutto veniva favorito sia dalla brillante superficie bianca dei reperti, frutto del degrado, sia dalle correnti di pensiero portate avanti da personalità come il Winckelmann, che caratterizzarono gli studi del 1700 e del 1800. 
Lo studioso tedesco sosteneva, infatti, che «il colore contribuisce alla bellezza, ma non è la bellezza, bensì esso mette soprattutto in risalto questa e le sue forme. Ma poiché il colore bianco è quello che respinge la maggior parte dei raggi luminosi e che quindi si rende più percepibile, un bel corpo sarà allora tanto più bello quanto più è bianco, e quando è nudo sembrerà più grande di quanto è effettivamente». 
In contrapposizione a siffatti convincimenti, nacquero correnti promotrici dell’uso dei colori nella scultura antica; lo studioso Antoine – Chrysostome Quatremère De Quincy sostenne la teoria sulla presenza dei colori, proprio citando nel suo libro alcune fonti antiche. Plinio il Vecchio, Pseudo Aristotele, Teofrasto ed infine Vitruvio forniscono, infatti, descrizioni dettagliate sulle materie prime, sui procedimenti per la preparazione delle sostanze coloranti e persino sui prezzi. Sempre nella stessa epoca, cominciarono ad essere realizzate le prime ricostruzioni. Il centro di tutto fu Monaco di Baviera che, con le sue strutture museali e con la sua mentalità aperta, prese a cuore la questione. 
Gli studi scientifici ricominciarono alla fine del XX secolo quando ebbero inizio le prime analisi chimiche da parte di Michael Faraday. Da qui partì una serie di iniziative da importanti istituzioni e centri di studio autonomi, come il British Museum o la Glyptothek di Monaco di Baviera, volte alla realizzazione di analisi sempre più dettagliate. Attualmente la conoscenza che abbiamo dei colori usati in antico ha raggiunto, grazie ai riscontri chimico-fisici e alle stesse fonti antiche, un buon livello di attendibilità.
I colori più adoperati, estratti da elementi di origine minerale, vegetale e animale, erano il rosso, il giallo, l’azzurro e il bianco, e tutte le sfumature ottenute dalla loro unione. Il colore rosso si otteneva con materiali come il cinabro (un solfuro di mercurio rosso, HgS) e l’ematite (ossido ferrico), e, almeno nella scultura, veniva utilizzato, oltre che per dipingere il chitone rosso, anche per la resa di pelle, occhi, capelli, criniere e ciuffi di animali; il giallo da ocre (ossidi ferrosi naturali e idrossidi di ferro) e limoniti, come ad esempio l’orpimento (trisolfuro di arsenico), contemplato soprattutto per il vestiario, comprese armature e armi, e le capigliature; l’azzurro da elementi come l’azzurrite, il blu egiziano e l’armenian blue, composto da polvere di lapislazzuli, utilizzato soprattutto per rendere il vestiario, la criniera di animali e il fondo dei rilievi funerari; il bianco veniva estratto dal bianco di calce e dalla biacca (carbonato di calcio). Colori invece come il verde, il nero e il marrone si ricavavano dall’unione dei vari elementi che componevano i colori primari, o dalla combustioni di ossa animali, ed erano impiegati soprattutto per la resa del vestiario.
Nella realtà poco rimane di questi pigmenti sulla superficie dei reperti. Nonostante l’uso di tecniche pittoriche, come l’encausto, che permisero, almeno in un primo momento, una protezione abbastanza efficace dagli agenti atmosferici, la loro sopravvivenza può essere notata, infatti, solo in piccole parti dell’opera d’arte, naturalmente quelle più protette

Fig.1: Colonna Traiana
Fig.2:Ara pacis
Fig.3:Augusto                                                                            Tali opere presentano tracce di colore                                                     
Fig.4:Plepophoros
Fig.5:Stele Funeraria di Aristione